Ludovico Maria Chierici non può essere compreso se non attraverso la sua storia, la sua biografia, le sue esperienze. Nasce a Genova, la sua città, la sua vita. Genova non è una città qualunque, ti entra nella pelle, è quasi inafferrabile nella sua essenza più profonda. Logico quindi come un uomo di spiccata sensibilità come Chierici, voglia scandagliarne a fondo il significato. L’arte è la via per rappresentare il visibile e il non. Ciò che non è visibile è soggettivo, personalissimo, è quello sguardo inconscio con cui pennelliamo la vita. Chierici è un artista perché decide di rappresentare il tangibile e l’intangibile attraverso uno strumento ancora giovane, ma perfettamente funzionale allo scopo: la fotografia.
Nella Genova di inizio ‘900 si parla, si discorre di fotografia. Si deve badare alla tecnica, o al risultato dell’immagine? Chierici, non è un professionista, almeno inizialmente. E’ amatore, ma perfetto conoscitore del mondo che ama, delle sue tecniche, delle diatribe legate alla sua arte. Al di là dei sofismi, Chierici, con la sua fidata macchina fotografica, possiede quell’aspetto interiore che altri aspiranti artisti non hanno. La sensibilità, il tocco raffinato sono doni innati, divini, che rendono il Chierici quasi unico nel panorama artistico della sua epoca. Sono soprattutto i soggetti ad essere speciali. Speciali per lui, perché rappresentano, principalmente, la sua adorata e amata Genova, nelle sue sfaccettature, nelle sue trasformazioni, nei suoi pregi e nei suoi difetti.
Per noi studiosi, appassionati è affascinante vedere il passato, con gli occhi del presente. Riusciamo a stravolgere le regole del tempo, facendo un tuffo nel passato. Si materializza così la costruzione del museo di storia naturale Giacomo Doria dove, nello spiazzo antistante, i giovani si divertono a giocare a pallone; si riprendono scene di vita quotidiana degli abitanti, come i pescatori e i bambini sulla spiaggia ella Foce; si osserva l’imponente mongolfiera di fronte alla stazione Brignole o i padiglioni dell’esposizione internazionale di Genova del 1914; si gela sotto l’imponente nevicata, mentre il tram della UITE svolge il suo regolare servizio.
Ma il mondo di Chierici è ancor più variegato di ciò che potremmo aspettarci. E’ un mondo di sentimenti, dove all’amore per il proprio luogo natio si unisce l’amore per la propria famiglia. I ritratti familiari, nella loro intimità e semplicità aiutano a comprendere il carattere del Chierici che sfruttava la fotografia come passione attraverso l’esplosione di umane sensazioni, di irrefrenabili desideri.
La vita di Chierici è nei suoi ritratti, nei suoi paesaggi, non solo genovesi ma anche liguri, nel levante, accanto agli umili, tra le lavandaie del fiume Entella, i pescatori e le tessitrici. Raffigurare la normalità dell’esistenza, delle sue facce, dei mestieri, dei paesaggi è forse il compito più difficile per un fotografo che può riuscire nel suo intento, solo se è parte di quel mondo, un mondo fatto di semplicità, umiltà, dove la bellezza scaturisce dalle piccole cose.
Genova dà, Genova riceve. Grato alla sua città, Chierici è immerso a pieno nelle attività della comunità in cui vive. Filantropo, promuove un nuovo indirizzo assistenziale educativo e geriatrico per la “Casa di Riposo e di Educazione”, nel quartiere di Struppa. Inoltre prosegue nel compito di “narratore” della sua città esaltando a più riprese le rappresentazioni teatrali del teatro Carlo Felice; sfruttando la sua passione per la scienza documentando il lavoro dell’oculista Streiff all’Ospedale Evangelico; come membro dell’Associazione Fotografica Ligure insieme ad Antonio Campostano, promuovendo e studiando la fotografia in tutte le sue forme.
Per tutta la vita, lui, nato come amatore, indagherà, approfondirà la fotografia come il più grande dei professionisti. Il suo laboratorio diventerà il luogo per sperimentare, per creare nuove tecniche in grado di rappresentare la realtà. E’ il suo esercizio quotidiano, privo di secondi fini, se non quelli di tradurre materialmente le proprie emozioni, le proprie intuizioni e di ritrarre la mutevolezza dell’essere. Muore nella sua amata città, con la semplicità che lo ha sempre contraddistinto, ma ricordato per il suo immenso contributo alla fotografia. Fa ancora in tempo a lasciare un ultimo regalo a Genova e ai suoi cittadini: l’archivio. Oggi possiamo passeggiare nella storia anche grazie a Ludovico Maria Chierici.