A fronte della rapidità dei processi di cambiamento, che rischiano di disperdere e smarrire il patrimonio legato alle attività del mondo del lavoro, un’importante opportunità di tutela e valorizzazione di questo specifico segmento della memoria collettiva è data dalla costituzione, presso la Fondazione Ansaldo, di un archivio delle fonti orali del lavoro e dell’imprenditoria.
La Sezione Fonti Orali, aperta alla consultazione degli studiosi, si configura perciò come infrastruttura culturale stabile con la missione di proseguire nella raccolta sistematica di testimonianze orali e nella concentrazione e catalogazione delle testimonianze già realizzate da studiosi, istituzioni ed altri soggetti ma minacciate di dispersione o distruzione.
La Sezione ha preso avvio nel luglio 2006 con l’iniziativa “La Liguria del saper fare si racconta®”, sostenuta dalla Compagnia di San Paolo. Comprende anche le raccolte: “Archivio storico Ansaldo”; “La storia nel futuro®”; “Ragazze di Fabbrica”, e nel 2023 si è arrichito di un nuovo ciclo di interviste denominato "In prima persona - diari di vita e di lavoro".
A fronte della ricchezza contenutistica di queste interviste, occorre però fare qualche riflessione sulle specificità del documento fonte orale. Cosa lo distingue da qualsiasi altro tipo di testimonianza? Senza pretese di completezza ed esaustività sembra di poter individuare una caratteristica specifica nella sua soggettività.
Anche altre tipologie documentarie si presentano come testimonianze soggettive: le lettere in particolar modo, ma anche qualsiasi altro tipo di memoria scritta. Si ha però in questo caso qualcosa di più diretto: la scrittura è già uno sforzo di oggettivazione del pensiero, un tentativo di dare una forma definita ad una storia, un racconto, una memoria. Il racconto orale invece è immediato. La persona presenta il suo pensiero in maniera spontanea ed irripetibile e nel caso, come per le fonti orali realizzate da Fondazione Ansaldo, di videointerviste, è possibile apprezzare un sottotesto fatto di gesti, espressioni ed intonazioni che arricchiscono il messaggio.
Da considerazioni come queste sono scaturite alcune pratiche -una metodologia- che si è cercato di applicare nel corso della raccolta delle interviste. Si è cercato di lasciare spazio alla soggettività degli intervistati, procedendo con quesiti che fossero il più possibile uniformi da un’intervista all’altra, ma che allo stesso tempo non costituissero un freno alla libera espressione del proprio pensiero, nella convinzione che le diverse interpretazioni di uno stesso episodio date da persone che lo hanno vissuto con ruoli diversi, fossero elementi importanti per restituire al meglio la complessità degli eventi storici.
A tal proposito è interessante confrontare le testimonianze di eventi particolarmente significativi nei quali sono stati coinvolti molti lavoratori a vario titolo. Un esempio in questo senso è l’esperienza della realizzazione delle sculture per l’esposizione organizzata dall’Italsider nell’ambito del Festival dei Due mondi di Spoleto nel 1962. Nei racconti dei dirigenti che concepirono l’operazione come Gian Lupo Osti, si percepisce l’orgoglio di aver costruito qualcosa di realmente memorabile e di portata storica. I toni si fanno invece sempre meno epici mano a mano che scorrono i racconti di coloro, operai come dirigenti, che erano impegnati nella normale attività produttiva delle acciaierie. In qualche caso, come per Mirio Soso, traspare una lettura quasi polemica e più attenta ai risvolti sindacali: l’azienda è impegnata a promuovere la propria immagine all’esterno mentre all’interno esistono ineludibili problematiche a carico delle maestranze. In altri casi si descrive l’esperienza come qualcosa di curioso ma assolutamente in secondo piano rispetto all’imparagonabile importanza della produzione siderurgica.
Un altro elemento importante ha a che fare con il ricordo. È celebre il fatto che Fellini raccontasse spesso aneddoti divertenti ed è altrettanto noto che questi aneddoti cambiassero spesso trama col passare degli anni e col moltiplicarsi delle occasioni di racconto. Il ricordo insomma muta col passare del tempo perché la persona che ricorda (e quindi racconta) cambia opinioni e atteggiamenti e il mondo stesso nel quale vive cambia opinioni e atteggiamenti.
Siamo insomma, come significativamente ricorda Riccardo Roncan in chiusura della sua intervista, figli del nostro tempo e la considerazione che abbiamo di determinati eventi può cambiare in maniera molto significativa col passare degli anni.
A queste riflessioni di carattere più generale si aggiunge anche la possibilità di errore da parte degli intervistati. In questo caso si è scelto di non fermare il flusso del racconto per correggere eventuali affermazioni inesatte ma di aggiungere nella scheda descrittiva una nota del curatore (NdC) che ne corregga il tiro.